Tutte le volte che, come una nebbia incombente, ho la sensazione di avere perso la “via”, cerco di riconnettermi con il mio centro di gravità.
"Hara" è un termine giapponese che si riferisce a un concetto profondo, spesso associato alla zona del ventre del corpo, considerata il centro energetico e inconscio della vita.
È una idea radicata in tradizioni come lo ZEN e le arti marziali come il Tai Chi, dove si ritiene che da questo punto si originino la forza vitale e l’equilibrio interiore. Il corpo fisico e spirituale è intimamente connesso alla "terra", che rappresenta la stabilità, le radici, ma è ponte di connessione con il "cielo", l’energia l’ispirazione.
Tutto questo, nel mondo occidentale, si identifica nell’ idea di GROUNDING, o radicamento. È un concetto che si intreccia con diverse discipline: dalla psicologia alla spiritualità fino alla scienza del benessere.
Alla base c’è l’idea di ristabilire una connessione diretta con la terra, con la terra, con il proprio corpo e con il momento presente, spesso per contrastare la frammentazione mentale della vita odierna.
In termini pratici, il grounding può essere semplicemente come camminare a piedi nudi sull’erba, sulla sabbia, o sul terreno ma va oltre il gesto fisico. Si basa sull’idea che il corpo umano essendo un sistema bioelettrico, tragga beneficio dal contatto con la superficie terrestre, che è naturalmente carica di elettroni. Questo concetto è stato esplorato in studi, come quelli pubblicati sul Journal of Environmental and Public Health ad esempio Chevalier et coll. 2012, che suggeriscono che il contatto diretto con la terra possa ridurre l’infiammazione, migliorare il sonno e regolare il sistema nervoso grazie a un riequilibrio di cariche elettriche del corpo. A livello psicologico il grounding è anche una tecnica usata in mindfulness e terapie come la CBT (terapia cognitivo comportamentale) per gestire ansia o traumi. Concentrarsi su sensazioni fisiche come il peso del corpo, attraverso i piedi, sul terreno, il respiro, i suoni provenienti dall’interno e dall’esterno del corpo, aiuta a "tornare nel corpo" e a calmare la mente annebbiata dall’iperattività.
Qui entra in gioco la connessione con l’HARA: quel centro inconscio nel ventre, l’ombelico dell’universo, che diventa un punto di ancoraggio.
Respirare profondamente, focalizzandosi sull’addome, è una pratica comune sia nel grounding sia nelle tradizioni orientali legate all’Hara.
La ricerca sul grounding è ancora in evoluzione, ma ci sono evidenze promettenti. Gli studi sull’earthing (un termine spesso usato come sinonimo) mostrano che il contatto con la terra può ridurre i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress e migliorare la variabilità della frequenza cardiaca, un indicatore dell’equilibrio del sistema nervoso autonomo. Questo spiegherebbe come Grounding e Hara sono un ponte tra corpo e inconscio.
L’Hara, come centro energetico, è strettamente legato alla postura, al respiro e alla stabilità. Nelle arti marziali, ad esempio, si dice che un guerriero con un hara forte sia inattaccabile, perché è radicato e fluido allo stesso tempo. Il grounding amplifica questa connessione. Quando siamo fisicamente ed emotivamente "ancorati", l’energia dell’hara fluisce meglio, portando una sensazione di calma e potenza.
Studi recenti stanno cercando di valutare effetti misurabili come la riduzione dei marker infiammatori o il miglioramento della qualità del sonno, il che lo rende un campo intrigante da seguire.
Concediamoci allora, questa opportunità di essere l’ombelico dell’universo, ovvero il ponte tra la terra e il cielo.