LA NOSTRA VERA E DEFINITIVA PROPRIETÀ SONO LE OSSA.
Questa frase di Ramon Gomez de la Serna, sottolinea l’importanza delle ossa nel nostro corpo e il ruolo nella nostra esistenza. Anche il concetto di “farsi le ossa” da giovani, racchiude in sé l’idea di preparare il nostro corpo, le nostre ossa, fortificandole, una sorta di fondo pensionistico da utilizzare nella maturità.
Diversi studi hanno esaminato l’influenza della attività fisica degli adolescenti (PA) nella massimizzazione del picco della massa ossea (PBM). Il PBM è paragonabile a una banca dell’osso. Fino a 25 anni, il nostro corpo accumula osso, mentre dopo i 30 anni il riassorbimento e la deposizione ossea sono in equilibrio. Dopo i 60 anni il processo si inverte e il riassorbimento osseo supera la formazione di nuovo tessuto, decretando il rischio concreto di “osteoporosi”.
L’osteoporosi è spesso percepita come una condizione inevitabile dell’invecchiamento, un destino scritto nelle ossa di chi avanza con l’età. Ma è davvero solo un’evoluzione fisiologica , o si tratta di una vera e propria patologia? E, soprattutto, perché dovremmo preoccuparci della salute delle nostre ossa dalla giovane età? In questo articolo esploreremo i significati più profondi dell’osteoporosi, il suo rapporto con la fisiologia umana e l’importanza di adottare fin da subito strategie per preservare la robustezza del nostro scheletro.
Le ossa non sono strutture statiche, sono tessuti vivi, in costante rinnovamento attraverso un delicato equilibrio tra formazione (ad opera degli osteoblasti) e riassorbimento (ad opera degli osteoclasti).
Ma quando questa perdita diventa patologica?
L’osteoporosi classicamente viene etichettata quando la BMD (indice di densità ossea) si riduce significativamente (T-score ≤ -2,5 secondo i criteri OMS) o quando la qualità ossea si deteriora, aumentando il rischio di fratture, anche per traumi minimi. Le fratture osteoporotiche, specialmente quelle del femore o delle vertebre, possono avere conseguenze devastanti: dolore cronico, riduzione della qualità di vita e aumento della mortalità.
Da un punto di vista evolutivo, la perdita di massa ossea con l’età potrebbe essere considerata “fisiologica”. In passato, l’aspettativa di vita, raramente superava i 50 anni e l’osteoporosi non rappresentava un problema significativo. Oggi, con l’aspettativa di vita media che supera gli 80 anni, la fragilità ossea è diventata una sfida sanitaria globale. Questo suggerisce che l’osteoporosi non sia semplicemente un’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento, ma una patologia multifattoriale, influenzata da fattori genetici, ambientali, nutrizionali e di stile di vita.
L’osteoporosi ci invita a riflettere sul concetto di salute ossea in modo più ampio. Le ossa non sono solo una impalcatura strutturale: sono un organo dinamico, strettamente connesso al metabolismo generale, al sistema endocrino e persino al benessere psicologico.
Qualità, non solo quantità: la densità ossea, misurata con la MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata), è solo una parte della storia. Un comune gessetto da lavagna, presenta una elevata compattezza e densità di calcio. Per contro, non è in grado di rispondere in maniera ottimale ad un carico compressivo o flettente. La qualità ossea che include la flessibilità e l’elasticità della matrice collagenica, la microarchitettura trabecolare, è altrettanto cruciale. Lo scheletro umano può essere paragonato ad una struttura ingegneristica avanzata capace di resistere a forze complesse e distribuire i carichi. Tuttavia, la diagnosi di osteoporosi basata sulla sola lettura della MOC, presenta alcune criticità. il punto chiave è che le ossa più dense non sono necessariamente più resistenti alle fratture rispetto a ossa meno dense. La densità minerale ossea è solo uno degli elementi che concorrono alla sua salute. Come abbiamo visto, anche la presenza e la qualità del collagene, è fondamentale ma spesso trascurata, la prevenzione si è concentrata quasi esclusivamente sulla BMD e sui farmaci o integratori destinati ad aumentarne il valore.
La diagnosi di osteoporosi deve partire dall’analisi dei fattori di rischio e la MOC può essere solo un supporto.
In sintesi, se l’osso è molto più di una struttura rigida, allora anche la sua valutazione deve superare la mera densitometria. Comprendere la sua qualità, il suo ruolo metabolico e il contesto in cui vive ci permette di affrontare l’osteoporosi non come una condizione a sé, ma come un’espressione di squilibri più profondi.
Ed è proprio da qui che possiamo ripartire, allargando lo sguardo verso le connessioni tra osso, metabolismo, infiammazione e psiche.
Se vuoi continuare l'approfondimento qui la seconda parte: Ossa al dente – L’osso è vivo: metabolism, infiammazione e psyche nel suo equilibrio nascosto (Parte 2)